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Book Reporter #5: Lorenzo Marone e la sua forza di tirare avanti che ci fa dire “Magari domani resto”

Book Reporter è la nuova rubrica di Foggia Reporter dedicata ai libri. Recensiremo un libro al mese, cercando di incuriosirvi il più possibile e di raccontarvi a nostro modo il mese attraverso la lettura di un libro da noi scelto. Questo progetto si svolge in collaborazione con la libreria Kublai – Libri. Cibi. Incontri di Lucera. Che siate o meno assidui frequentatori di librerie o biblioteche potete dare un’occhiata al nostro articolo che verrà pubblicato alla fine di ogni mese per darvi di volta in volta consigli di lettura.

“E venne un momento in cui il rischio di rimanere chiusi in un bocciolo era più doloroso del rischio di sbocciare”, scriveva la scrittrice statunitense Anaïs Nin. Marzo porta con sé la primavera e il desiderio di uscire dal bocciolo in cui abbiamo vissuto durante l’inverno e di cambiare. Cambiare taglio di capelli e profumo, mettere negli scatoloni i maglioni e tirar fuori i vestiti più leggeri che malediremo di aver indossato quando all’improvviso il sole cederà il posto a vento e pioggia, ma si sa marzo è così, non sai mai cosa ti aspetta. Le giornate si fanno sempre più tiepide e l’aria frizzante del mattino ci accompagna mentre camminiamo tra alberi che iniziano a fiorire e qualche rondine che fa capolino in cielo. Quante volte abbiamo desiderato essere come le rondini? Spensierate, leggere, libere di volare e di cambiare città. Libere di andarsene.

Per questo mese vogliamo proporvi un libro che fa riflettere sulla possibilità di cambiare, di lasciarsi tutto alle spalle e di andarsene, un po’ come fanno le rondini. Parliamo del romanzo dello scrittore napoletano Lorenzo Marone, Magari domani resto (Feltrinelli, 2017).

Siamo a Napoli, nei Quartieri Spagnoli, in uno degli spaccati più caratteristici, complicati e folkloristici della citta del caffè e della sfogliatella, in cui tra le strade risuonano le canzoni di Pino Daniele. “Io vivo qui. Il mio nome è Luce. E sono donna”. Termina così il micocapitolo inziale di una sola pagina con il quale Lorenzo Marone ci porta per mano in una storia in cui la protagonista, Luce Di Notte è una vera “femmena” del sud: avvocato trentenne, combattiva, a volte arrogante, eternamente “maschiaccio” con i suoi capelli corti e determinata a non farsi mettere i piedi in testa da nessuno. La nostra Wonder Woman partenopea però  deve fare i conti con uomini disonesti, affetti dalla sindrome di Peter Pan, e una città che a volte le sta troppo stretta. Vuole prendere il volo.

Quando tutto sembra spingerla ad andarsene e a lasciarsi alle spalle quei vicoli che conosce a memoria ma che ora diventano sempre più soffocanti e quel lavoro che non le piace più così tanto, capisce che solo chi ha coraggio di buttarsi ad occhi chiusi nel vuoto può riuscire a volare, perché i più coraggiosi non sono quelli che mollano ma quelli che restano e tirano avanti stringendo i denti.

Marone con le sue storie nelle storie, con i suoi personaggi buffi e ben raccontati che parlano in napoletano stretto e in francese, nel carosello di ricordi e riflessioni che mettono a nudo i protagonisti, ci fa entrare nella vita di Luce e nel suo piccolo universo abitato da un cane randagio trovato accanto al bidone della spazzatura, Alleria, diventato poi confidente e compagno di passeggiate, da una madre all’antica, bigotta e impegnata ossessivamente in chiesa e che si copre il viso con le mani quando è emozionata perché non sa esprimere i suoi sentimenti, e un datore di lavoro sulle settantina, conosciuto e rispettato da tutti, viscido e con un unico pensiero fisso, quello di arricchirsi. Un universo quello di Luce che risente ogni giorno della mancanza di un padre che l’ha prima abbandonata e poi è morto lasciando tante domande senza risposte, dubbi e un vuoto che stringe lo stomaco.

Un personaggio importante nella vita della protagonista è sicuramente il suo vicino di casa, don Vittorio, un anziano costretto sulla sedia a rotella da un incidente del quale non vuole mai parlare e che ogni giorno invita a pranzo la giovane donna per chiacchierare. Un po’ come la volpe nel Piccolo Principe, don Vittorio cerca di spingere Luce a vedere aldilà del suo naso, perché le cose essenziali, quelle che contano realmente si vedono con il cuore e restano aggrappate a noi per molto tempo.

“…le cose che non valgono nulla ci accompagnano sempre per un breve periodo, poi le perdiamo o le dimentichiamo chissà dove. Quelle che amiamo, invece, le custodiamo con cura, le appendiamo al collo e le portiamo con noi. Le cose belle della nostra vita, sient’ a me, quasi sempre ci sopravvivono.”

Pagina dopo pagina, Luce si fa sempre più famigliare, ci sembra di conoscerla, di averla vista mentre beve un caffè al bar di Sasà accanto a casa sua o mentre litiga con sua madre, ci sentiamo un po’ tutti Luce. Ed è questa la magia della penna di Marone, la capacità di tirarci dentro quelle righe nere e farci sentire parte del tutto, con i nostri pensieri che somigliano un po’ a quelli dei protagonisti e con le nostre paure che si fondono con quelle di Luce. “Cosa sto facendo?”, “Forse è meglio voltare pagina e andarsene?”, quante volte ce lo siamo chiesti e ce lo chiederemo? Quante volte ci sembra di essere incatenati in una realtà che non sentiamo più nostra e vorremmo solo abbandonare tutto e tutti ed emigrare come fanno le rondini, volando via.

Lo scrittore statunitense Philip Roth scriveva nel 1997: “Non sei tenuto a venerare la tua famiglia, non sei tenuto a venerare il tuo paese, non sei tenuto a venerare il posto dove vivi, ma devi sapere che li hai, devi sapere che sei parte di loro”. Le rondini volano, girano di paese in paese, ma ritornano sempre nello stesso nido. La disperata ricerca di un “altrove” si traduce in Luce nella scoperta che tutto ciò di cui ha realmente bisogno è proprio accanto a lei e non deve cercarlo molto lontano.

“La felicità e silenziosa, Luce, ricordalo. Se fai troppo casino, lei ti passa sulla testa e nemmeno la senti”. La felicità è ad un battito di ciglia, accanto a noi, ma non sempre riusciamo a capirlo, la vera gioia è quella che troviamo a casa. Casa per Luce è il cane Alleria, casa è il piccolo Kevin che è piombato nella sua vita con la madre Carmen, case è una madre con la quale si litiga sempre ma che fa parte di te, casa è famiglia. Casa è il luogo in cui, anche quando tutto sembra andar male, si decide di stringere i denti e di resistere insieme.

Annarita Correra

Mi chiamo Annarita Correra, ho 28 anni, sono una giornalista pubblicista, una copywriter, content creator e cantastorie. Credo che la bellezza salverà il mondo e per questo la cerco e la inseguo nella mia terra, la più bella del mondo. L’amore per la letteratura mi ha portato a conseguire la laurea triennale in Lettere Moderne e quella magistrale in Filologia Moderna. Ho collaborato con riviste online culturali, raccontando con interviste e reportage le bellezze pugliesi. La mia avventura con Foggia Reporter é iniziata cinque anni fa. Da due anni curo la linea editoriale del giornale, cercando di raccontare la città e la sua provincia in modo inedito, dando voce e spazio alla cultura e alle nostre radici. Scrivo e creo contenuti digitali, gestisco la pagina Instagram del giornale raccogliendo e raccontando le immagini più belle delle nostra terra.

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