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Foggia: la “Wall Street” di via Oberdan

Moltissimi anni fa, quando il perimetro urbano era più ristretto e l’industria agricola l’unico cespite, si deplorava l’ingorgo in tre punti della città; i marciapiedi della Banca Commerciale, davanti la bottega del fruttivendolo zompavellicoli; del Credito Italiano, vicino alla porta della Chiesa di Sant’Antonio e nei pressi della drogheria Capobianchi, di folle di contadini e “versuvieri” che si arrosolavano al sole.

Temi preferiti dei loro discorsi: l’andamento dell’annata agraria, per trarne auspici sul maggiore o minore raccolto e conseguente impiego di mano d’opera; l’inclemenza del tempo e la mancanza di lavoro.

Con lo sviluppo industriale e commerciale dell’intera provincia, la trasformazione agraria, l’edificazione dei due detti Istituti bancari, tanti di quei perditempo hanno scelto nuove vie.

Era perciò scomparso uno spettacolo poco decoroso pari a quelli dei villaggi, dove nelle giornate festive si affollano sul sagrato della Parrocchia.

In un secondo tempo ci fu una seconda edizione della vecchia abitudine con la conseguenza di un deplorevole spettacolo che aumentò di proporzione.

Posto preferito era il larghissimo marciapiede davanti al Circolo Liberale che era la Borsa Merci provinciale dove giornalmente convenivano: compratori e venditori, mediatori , indigeni e forestieri per contrattare affari di milioni di lire, riguardando poderi, bestiame, aziende agricole, fabbricati rustici e civili attrezzi e macchinari.

Né la folla sempre più incalzante in numerosi, limitava al detto rito perché invadeva pure i marciapiedi di fronte che andava dalla libreria Zobel al teatro “Giordano” in modo da renderlo impraticabile.

Gruppi d’individui restavano impalati come se fossero stati attaccati al suolo, restii a muoversi peggio dei muli o degli asini più testardi.

Buona parte vi restava a chiacchierare per l’intera giornata impedendo il transito addirittura di chi voleva imbucare una lettera alla cassetta postale del palazzo di San Domenico.

I pochi Vigili municipali il cui compito era solo quello di controllare i colori del semaforo per elevare contravvenzioni ai trasgressori alle norme della circolazione.

Questo purtroppo era uno sconcio degli anni del dopoguerra, poco degno di una città avviata sulla strada del progresso civile che presa da tutta quella gente a discutere e a contrattare.

A cura di Ettore Braglia

Redazione

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