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Il francoprovenzale, una lingua al profumo di lavanda parlata sui Monti Dauni

Quante volte si è sentito parlare di dialetti autentici, di vere e proprie lingue, dal fonema incomprensibile ma affascinante?

Il passaggio per la Puglia di popoli vicini come Greci, Bizantini, Turchi e Spagnoli, ha lasciato un dono e il risultato sono l’Arbëreshë di Casalvecchio di Puglia e al Griko salentino.

Ma come si spiega il franco-provenzale, a più di 1000 km di distanza dalla Francia? Sarebbe più semplice immaginarlo in Valle D’Aosta o in Piemonte.

Eppure, Celle San Vito e Faeto, sui Monti della Daunia, sono l’unica enclave dell’Italia Meridionale, la minoranza francoprovenzale della Puglia.
Noto anche come arpitanio, il francoprovenzale è una lingua alloglotta frammentata e differenziata per la sua oralità.

Segnaletica di Faeto in Francoprovenzale – Ph. Credit: Delia_Cru

Non è una koinè linguistica, ma pare sia riuscito ad inserirsi attraverso Carlo I d’Angiò, re di Provenza, al quale il Papa offrì la possibilità di governare il Sud Italia per eliminare il dominio svevo.
Correva l’anno 1266, tempi tormentati per il tempestoso rapporto tra Papato e Manfredi, figlio di Federico II, brutalmente ucciso in quello stesso anno durante la Battaglia di Benevento dal re angioino.

Così, mentre Carlo I d’Angiò divenne il sovrano dell’intera Italia Meridionale, il francoprovenzale si diffuse lungo tutto il territorio. Frattanto al nord della Puglia, dovendo risolvere la ribellione di Lucera, cittadella fedele agli Svevi, e prevenire le scorribande saracene del Castello islamico di Crepacore, si stanziarono colonie angioine nelle celle del Santuario di San Vito e nei monasteri del Santissimo Salvatore e di Santa Maria del Faggeto.

Miniatura della Battaglia di Benevento (1266) da “Nuova Cronica” di G. Villani

Nell’arco di un solo secolo, furono chiamati all’ordine altre truppe provenzali, costringendo le famiglie di ciascun soldato al trasferimento al Sud Italia, senza farvi mai più ritorno in patria.

Ma com’è possibile che paesi così piccoli e spopolati come Faìt e Celle d San Wit ne mantengano ancora viva la lingua?

L’Unità di Italia, nel 1861, ha dato tempo al francoprovenzale di consolidarsi. Ciò ha permesso di avere la maggiore sull’Italiano anche grazie all’isolamento dei due paesini, ancora oggi collegati con pochissime strade al capoluogo e ai comuni limitrofi.

Tuttavia, il numero esiguo degli abitanti e lo sviluppo delle comunicazioni nel ’900 ne hanno causato l’abbandono dell’idioma.

Rievocazione dei soldati francoprovenzali a Celle San Vito – Ph. Credit: Il Megafono dei Cinque Reali Siti

L’etnia ne è consapevole del prestigio, soprattutto a Celle San Vito, dove il dialetto pare sia più fedele alla lingua originaria.

Secondo la Legge n. 482/1999 i due comuni sono “isole linguistiche”, il cui patrimonio va salvaguardato e tutelato attraverso l’incremento demografico ed azioni di incoraggiamento alla scrittura e alla pratica orale previsti dalla LEM, partner del portale delle Lingue d’Europa e del Mediterraneo, e dall’Università Francofona dell’Italia del Sud.

Oggi il francoprovenzale è un simbolo etnoculturale, una forma di discriminazione positiva, una lingua materna che legittima il vantaggio di parlare più lingue e possedere un retaggio policulturale senza eguali.

Fonte: Agresti, G., “Diversità linguistica e sviluppo sociale”, Franco Angeli, 2018.
Mola, S., “Forse non tutti sanno che in Puglia…”, Newton Compton, 2016.
Spagna, M. I., “Il francoprovenzale in Puglia: situazione attuale e prospettive”, Università del Salento, 2014.

Michela Serafino

Operatore culturale nei sistemi turistici e 30 anni di "pugliesità". Fin da bambina ho osservato con curiosità le meraviglie dell'arte. Decidendo di fare della mia passione una professione, sono volata via da Foggia per laurearmi in Scienze dei Beni Culturali e specializzarmi in Turismo, territorio e sviluppo locale presso la Bicocca di Milano. Con i miei primi passi nei musei, ho capito il valore della condivisione del bello con la società.... mai quanto nella mia regione! La mia mission? In quanto educatore museale e guida turistica, ciò che adoro di più è convertire i disinteressati al piacere della scoperta nei musei e alla bellezza della mia città. Il territorio trama con le sue risorse attraverso metodi di comunicazione 4.0 e web marketing (SEO, Socialmedia,...), tali da apportare il giusto contributo alla promozione culturale e turistica, ed io ci sono dentro. Rivolgendomi sia a giovani che ad adulti tra attività e laboratori, i miei racconti si rivolgono a chiunque abbia voglia di conoscere la Puglia, in particolare la Daunia. Il mio cavallo di battaglia? Progettare ed organizzare eventi culturali coordinando, tramite i media, strutture, associazioni ed infrastrutture necessarie per la mobilità e l'ospitalità. Adoro viaggiare, ma soprattutto appassionare della mia terra.

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