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Giuseppe Di Vittorio, il padre del sindacalismo italiano nato in Capitanata

La Capitanata ha dato i natali a tantissimi personaggi importanti della storia italiana, politica, militare e culturale. Tra questi spicca, sicuramente, il nome di Giuseppe Di Vittorio.

Giuseppe Di Vittorio, considerato padre del sindacalismo italiano e della CGIL, fu antifascista e, soprattutto, un grande padre costituente.

Di Vittorio è stato un grandissimo politico, considerato fra gli esponenti più autorevoli del sindacato italiano del secondo dopoguerra; un uomo pronto a combattere contro qualsiasi forma di ingiustizia per difendere i lavoratori più umili.

Nato a Cerignola, morì il 3 novembre 1957 a Lecco. A differenza di molti altri sindacalisti del suo tempo non aveva origine operaie, era un bracciante nato in una famiglia di braccianti della Capitanata.

Membro della camera del lavoro di Cerignola, nel 1911 aderì al sindacalismo rivoluzionario e nel 1912 Di Vittorio fu eletto nel comitato centrale dell’Unione Sindacale Italiana nel corso del congresso fondativo di novembre.

Nel 1915 è richiamato in guerra e dopo aver partecipato a parecchie azioni rimane ferito. La vita di Di Vittorio è stata molto turbolenta e ricca di sorprese. Nel 1921 viene eletto deputato mentre è detenuto nelle carceri di Lucera. L’elezione a deputato avviene, infatti, in circostanze del tutto eccezionali.

Siamo negli anni del fascismo e DI Vittorio si fa portavoce della resistenza al fascismo in Puglia. Ed è proprio in seguito ad uno sciopero regionale antifascista che Di Vittorio viene arrestato.

Per tutto il 1921 e fino ai primi mesi del 1923, l’attenzione preminente di Di Vittorio è rivolta alla situazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni in Puglia, tema molto caro al cerignolano che viene bandito dalla sua città dai fascisti.

Sul finire del 1922 per Di Vittorio non è più possibile vivere in Puglia. Si trasferisce così a Roma. Nel 1924 avviene l’importante incontro con Antonio Gramsci e con Palmiro Togliatti, che lo porta ad aderire al Partito Comunista.

Successivamente viene condannato dal tribunale speciale fascista a 12 anni di carcere e nel 1925 riesce a fuggire in Francia. Girando per il mondo partecipò a diverse lotte antifasciste, fu arrestato ed entrò in clandestinità.

Ad Orta Nova, quest’estate, la stele in ricordo del grande politico e sindacalista italiano è stata vandalizzata. Il vecchio cippo, installato dai braccianti dopo la sua morte nel 1957, era stato ritrovato in frantumi lo scorso agosto, proprio nel giorno della ricorrenza della morte del sindacalista cerignolano.

Nel mese di ottobre, precisamente il 4 ottobre, ha avuto luogo l’inaugurazione del nuovo cippo di Di Vittorio in contrada “Cirillo” ad Orta Nova, in quello che è stato il primo luogo di lavoro del sindacalista cerignolano.

“Dobbiamo essere come Di Vittorio: essere partigiani. Stare dalla parte dei più deboli, degli sfruttati, degli emarginati e di chi non ha voce. Ecco perché per noi fare memoria è un dovere morale”, queste le parole del sindaco di Orta Nova Mimmo Lasorsa in occasione dell’inaugurazione della nuova stele.

Redazione

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