Libera Foggia: appello riutilizzo sociale beni confiscati e sequestrati alla mafia


In occasione dell’anniversario della legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni
confiscati alle mafie, Libera ha censito le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati.
Con la ricerca “Raccontiamo il bene” – Le pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie
Libera vuole raccontare, dopo ventotto anni, il Belpaese, dove in silenzio, opera una comunità
alternativa a quelle mafiosa, che lavora e si impegna a realizzare un nuovo modello di sviluppo
territoriale.
In Puglia sono 123 le diverse realtà impegnate nella gestione di beni confiscati alla criminalità
organizzata in 43 comuni.
Nella nostra provincia sono 28 i soggetti che gestiscono beni confiscati alla criminalità organizzata:
a Cerignola, Foggia e Manfredonia. Tra questi 2 cooperative sociali e 7 associazioni di vario tipo,
che si distinguono rispetto alla tipologia di attività: agricola nel caso delle cooperative sociali,
mentre le altre rientrano tra le attività di welfare e politiche sociali.
Una rete di esperienze in grado di fornire servizi e generare welfare, di creare nuovi modelli di
economia e di sviluppo, di prendersi cura di chi fa più fatica.
A tutto questo si aggiunge che nelle scorse settimane abbiamo appreso con favore la notizia del
provvedimento di sequestro dei beni riconducibili a Rocco Moretti; provvedimento successivo ad
altri ai danni di esponenti di spicco delle mafie foggiane eseguiti in precedenza.
Come Presidio di Libera, riteniamo fondamentali il sequestro e la confisca dei beni alla criminalità
organizzata. Colpire le mafie su ciò che hanno di più caro significa dimostrare la presenza dello
Stato nel territorio e restituire alla collettività il maltolto.
A completare questo percorso c’è il riutilizzo sociale che ha un ruolo centrale nella costruzione di
un’alternativa alle mafie. Il valore economico e simbolico di queste azioni consente davvero di
costruire una società libera dalle mafie e che si riappropria dei beni che le stesse hanno sottratto
alla collettività.
A tal proposito, auspichiamo che il riutilizzo sociale intervenga già in fase di sequestro dei beni,
come previsto dall’art. 40 del Codice antimafia.
Il nostro è un appello sia agli organi giudiziari, sia al Comune e al Terzo Settore, affinché si
sperimentino già in questa fase esperienze di riutilizzo a fini sociali.

Solo in questo modo l’antimafia sociale può farsi concreta e diventare occasione di progresso per
l’intera comunità che torna a usufruire dei beni citati, trasformandoli da simbolo di violenza a
segnale di rinascita.
Dai dati raccolti appare evidente che i beni confiscati, da espressione del potere mafioso, si sono
trasformati in beni comuni, strumenti al servizio delle nostre comunità: tutte queste esperienze
sparse nel territorio nazionale e presenti anche nella nostra amata provincia parlano di un Paese
che ha reagito alla presenza mafiosa e che con orgoglio si è riappropriato dei suoi spazi.
Dall’altro lato raccogliamo però segnali preoccupanti del mondo della politica nazionale: un
attacco costante alle misure di prevenzione, tentativi di privatizzare i beni confiscati e piegarli alla
logica dell’economia capitalista, una gestione delle risorse dedicate ad oggi piuttosto
confusionaria. Non possiamo accettare che ci siano passi indietro su questo. Le misure di
prevenzione si sono dimostrate uno dei più importanti strumenti nella lotta alle mafie e alla
corruzione, perché da subito hanno agito sul controllo economico e sociale con il quale i clan
soffocano i territori.
Il Presidio di Foggia continuerà la sua azione di formazione, monitoraggio e sensibilizzazione sul
riutilizzo sociale dei beni confiscati nella convinzione che, solo con la collaborazione di tutti,
possiamo liberare il nostro territorio dalla presenza delle mafie.

Exit mobile version