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San Nicandro Garganico: alla scoperta della Chiesa di Santa Maria di Monte d’Elio

A pochi chilometri da San Nicandro Graganico (FG), percorrendo la strada che conduce verso la località di Torre Mileto, si scorge una piccola chiesa conosciuta gergalmente con il nome di “Madonna d’Elio”.

La struttura appare isolata sulla cima dell’omonimo monte, circondata dal verde dell’ampia piana Sagri-Folconetto e, in lontananza, dal profondo azzurro dei laghi di Lesina e Varano.

Il panorama mozzafiato preannuncia una visita sorprendente ancor prima di entrare all’interno della Chiesa, lampante testimonianza artistica dello stile romanico pugliese e dell’esistenza dell’antica città slava di Devia.

Quest’ultima era, per posizione, una località di notevole importanza strategica e politica a tal punto che dalle documentazioni scritte si evince un notevole movimento commerciale oltre a uno stile di vita particolarmente attivo in quell’area del Gargano settentrionale.

La Chiesa, restaurata negli anni sessanta, presenta tre navate absidate e custodisce, al suo interno, un ricco e affascinante ciclo di affreschi presenti nelle decorazioni parietali che fungono da testimonianza della realtà storica, sociale e culturale delle comunità che abitarono Devia nel corso dei secoli.

Tutti gli affreschi, attualmente, mancano della paternità dei suoi esecutori, i quali pare non abbiano lasciato il proprio autografo sulle opere realizzate. Una certezza, invece, si ha riguardo la collaborazione nell’esecuzione di personaggi esperti, in grado di riprodurre decorazioni rimaste particolarmente impresse per la qualità delle caratteristiche espresse.

Tra gli affreschi più nitidi risalta la figura di Sant’Ippolito, il Santo dal giovanile volto intriso di spiritualità. L’iconografia è molto vasta e fantasiosa: soldato, presbitero e scrittore successivamente convertitosi al cristianesimo per merito del diacono martire Lorenzo.  

La maggior parte delle volte viene raffigurato come soldato o cavaliere con due simboli, un lungo e rigonfio mantello e una lancia, come si nota perfettamente dall’affresco di gusto gotico. La presenza di questo Santo-soldato è stata rinvenuta anche in altri siti a livello locale (Chiesa di Santa Maria Maggiore di Monte Sant’Angelo).

A seguire spunta un tetrattico di Santi dipinti a figura intera e in posizione frontale. I volti riflettono un’espressione autoritaria, delineata da sguardi impassibili e penetranti. I volti allungati e la rappresentazione in piccole arcate rievocano la tradizione artistica bizantina o alla “maniera greca”, particolarmente influente durante il XIII secolo in Occidente e nel nostro Paese.

credits: travelstales.it

Nella calotta emisferica di copertura è possibile osservare un altro affascinante affresco dipinto dal busto in su. Si tratta della raffigurazione di Gesù Cristo, posto nel punto più alto come a voler essere ben visibile da parte degli osservatori. L’artista, dipingendolo in questa posizione, sembra abbia voluto reclamare la massima attenzione verso quello sguardo profondo e contemplativo.

Dalle mani aperte è possibile osservare come la destra sia in atteggiamento benedicente alla latina, mentre la sinistra regge un libro aperto su cui si legge un passo del Vangelo che recita:” Ego sum mundi; qui sequitur me, non ambulat in tenebris, sed habebit lumen vitae (Io sono…del mondo; chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà luce della vita).”

credits: archeologiadigitale.it

Nella calotta dell’abside centrale, invece, sono raffigurati il Cristo Pantocrator seduto su un trono rosso e accompagnato dalla Vergine e San Giovanni Battista. Il pittore ha voluto ingrandire la figura centrale rispetto alle altre per sottolinearne, probabilmente, l’importanza.

Purtroppo il Cristo di questa sezione è molto meno visibile a causa dell’umidità assorbita che ha contribuito a rovinarne la testa e il viso. Il corpo appare avvolto in un’ampia tunica rossa, coperto da un mantello blu che scende sino alle ginocchia. In questo caso con la mano sinistra il Pantocrator regge il Vangelo sul quale si legge il versetto:”Ego sum lux mundi.”

Tra i dipinti della navata sinistra e quelli contenuti nella navata destra emerge un interessante dato: la manodopera è differente così come il periodo di realizzazione (posteriore) che ha riguardato epoche diverse.

Le influenze del mondo orientale notevolmente evidenti nelle pitture della navata destra hanno lentamente ceduto il passo ad un nuovo linguaggio espressivo con stilisticamente differente. E’ proprio la diversità racchiusa in questo luogo di culto a renderlo così importante da tutelare e valorizzare per preservarne la preziosità.

Fonte: Santa Maria di Devia sul Monte d’Elio, Michele d’Arienzo 2009

Marilea Poppa

Ventenne, Studentessa di Lingue e Culture moderne e aspirante giornalista. Scrive di arte, letteratura e sport per testate giornalistiche online. Il suo motto è: “la cultura cura” (culture heals) a dimostrazione di come la promozione e la divulgazione della Cultura, in tutte le sue forme, possa essere una terapia vitale oltreché uno stile di vita.

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