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Torna la paura a Foggia: “Urge un nucleo interforze per sconfiggere la Quarta Mafia”

Foggia – Solo nel giro di tre giorni si sono verificati un omicidio e l’esplosione di tre bombe. Il 2020 parte segnato dalla violenza e resta attuale l’allerta nel capoluogo. Necessario ancora un intervento nazionale

Sono passati solo nove giorni dalle ultime dichiarazioni del Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese al termine del vertice in Prefettura con la promessa dell’istituzione degli uffici della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) nel capoluogo dauno.

E già nelle prime 48 ore sangue e criminalità hanno inaugurato l’inizio del nuovo anno. Segnale che i pericoli della Quarta Mafia d’Italia non cessano assolutamente.

Nella notte di San Silvestro infatti l’arrivo del 2020 è stato salutato con l’esplosione in due bombe, una in via Lucera e una in via Alessandro Volta, che hanno provocato l’incendio di due bar in perfetto stile mafioso. Anche nel resto della Capitanata tra aggressioni, bombe e incendi le cose non sono andate meglio.

Nemmeno la serata dello scorso 2 gennaio è stata risparmiata, quando intorno alle 21:30 mentre era a bordo della sua Fiat 500L il 52enne Roberto D’Angelo, commerciante d’auto, è stato freddato con due colpi di pistola in volto da due killers. E poi ancora un’altra bomba nella serata di ieri esplosa dopo le 22:00 sotto un Range Rover in via Alfonso d’Aragona.

Un bilancio drammatico che però non si allontana per nulla dagli inizi dello scorso anno. «Tra gennaio e febbraio 2019 furono otto le bombe esplose a Foggia – afferma il 65enne Piernicola Silvis, già questore della Polizia di Stato dal 2013 al 2017 -. È quasi un rituale che più o meno si ripete all’inizio di ogni anno. Serve a ricordare che loro esistono, che comandano in quei territori e a continuare a incutere paura».

Così attuali allora risultano le parole proclamate dal Ministro dell’Interno durante la conferenza stampa tenutasi nella Prefettura di Foggia il 23 dicembre 2019 quando, al fianco del Ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova, rassicurava sul futuro arrivo di una sezione della Dia a Foggia.

«Quando ho prestato il mio servizio da questore a Foggia ho a gran voce richiesto allo Stato aiuti maggiori che però sono rimasti sempre inascoltati – prosegue Silvis -. Il possibile arrivo degli uffici della Dia è sicuramente un segnale importante come lo sono stati nel 2018 la nascita del reparto speciale dei Carabinieri “Cacciatori di Puglia” e del reparto della Polizia di Stato “Prevenzione crimine Puglia settentrionale”».

Serve una linea più dura dunque e meglio organizzata secondo l’ex questore. «La Dia da sola non basta. La politica deve impegnarsi di più e permettere che il Ministero dell’Interno con la Procura nazionale antimafia faccia le opportune valutazioni tecniche – spiega Silvis, esponendo la sua idea di lotta alla criminalità -. Per sconfiggere la Quarta mafia foggiana occorre creare un innovativo nucleo di interforze di poliziotti, carabinieri e finanzieri guidati da due magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia».

Un sistema che non esiste in nessuna parte dell’Italia ma che potrebbe essere creato appositamente per poi essere utilizzato anche per altre organizzazioni mafiose. «

Il compito di questo nucleo – continua – dovrebbe essere quello specifico di fare i poliziotti in senso stretto, di dare la possibilità di fare ispezioni, perquisizioni, pattugliamenti e di essere continuamente sulla strada. La Dia non fa nella realtà dei fatti queste cose ma si ferma alle indagini, alle investigazioni e alle analisi. Non ha dunque il “polso del marciapiede”».

Solo nello scorso anno gli omicidi a Foggia sono raddoppiati da dieci a venti rispetto al 2018 secondo le dichiarazioni del 48enne colonnello Nicola Lorenzon, comandante provinciale dei Carabinieri.

E i dati relativi a furti, rapine ed estorsioni per quanto sono diminuiti testimoniano comunque alti tassi di criminalità: 173 le rapine, 8346 i furti, 81 le estorsioni. 46,117 i kg di sostanze stupefacenti sequestrate, 120 tra pistole e fucili sequestrati.

«Per questo bisogna cominciare a fare le cose seriamente, come dopo la strage di Falcone e Borsellino nel 92 – afferma sentenziosamente Piernicola Silvis -. Non dobbiamo aspettare ancora nuovi morti. Una rivincita è possibile ma serve la volontà politica di farlo».

Del resto, non è possibile che in piena serata due persone possano freddare un uomo. «Si può dire tutto quello che si vuole, che l’omicidio è mafioso o meno. Ma possiamo affermare con certezza che i due killers erano esperti e professionisti se dalla sella di una motocicletta hanno sparato e ucciso con tanta facilità» dice l’ex questore.

Dopo l’omicidio dei fratelli Luciani il 9 agosto del 2017 a San Marco in Lamis i riflettori si sono accesi sulla Capitanata. Una terra a lungo lasciata sola e nella quale è stato difficile scorgere il cancro della mafia.

«Dopo quell’evento una risposta c’è stata – afferma Silvis -. Ma la criminalità continua a esserci, ancora uccide senza la paura di essere punita».

Un inizio, quello del nuovo anno, che scoraggia ma che necessita di rispolverare ancora una volta tutte le forze necessarie. La società civile deve continuare insieme alle istituzioni locali a richiedere a gran voce nuovi interventi.

«Quello di crear un nucleo di interforze di poliziotti, carabinieri e finanzieri è ciò che chiedevo quando ricoprivo il ruolo nella Questura – conclude -. Io ho detto, ho fatto e ho gridato. Adesso più che ribadirlo non posso fare più nulla. La politica deve si metta in moto se davvero si vuole vincere».

Articolo a cura di Luca Carofiglio

Luca Carofiglio

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