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1 e 2 Novembre in Capitanata, le curiose usanze e tradizioni della nostra terra

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Come ogni anno che si rispetti, nonostante tutto, stiamo arrivando quasi alla fine di quest’anno e all’inizio dell’Epifania. Oltre alla non ufficiale e povera di tradizioni (almeno qui in Italia) festa di Halloween, questo fine settimana celebreremo Ognissanti e il 2 Novembre, Giorno dei Morti, festività quest’ultima attesissima tra i più piccoli e talvolta anche i più grandicelli poiché generalmente vengono regalate dai parenti le cosiddette “calze” piene di dolci di ogni genere.

Le suddette festività sono ricchissime di tradizioni in tutta Italia, ma in particolar modo oggi vorremmo ricordarne e raccontarvene le usanze di questo periodo della nostra terra, la Capitanata.

Partendo dal 1 Novembre, in generale secondo la tradizione, le donne si dedicano generalmente alle faccende domestiche in attesa della visita dei loro affetti oramai defunti, in particolare sono intente alla preparazione del gran cutt, ovvero “grano cotto“- dolce pietanza di grano e granturco condita di noci, cioccolato e vincotto (a Monte Sant’Angelo, invece al posto del grano viene utilizzato il mais). Secondo alcune ricerche recenti questo tipico dolce foggiano ha radici molto più estese. Con la denominazione di colva, o coliva, o colliba, il dolce è presente praticamente in tutto il resto della Puglia e del Mezzogiorno, con particolare riferimento a Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia.

La mappa del grano dei morti traccia i confini addirittura di quella che era una volta la Magna Grecia. Gli stessi ingredienti racchiudono dei simbolicismi tipici del paganesimo greco. Ricordiamo proprio l’antico rito greco della “Panspermia”, un miscuglio di semi preparato il “Giorno dei Chitri”, (i chitri erano delle pentole particolari nelle quali si lasciavano cuocere questi semi), celebrato in segno di rinascita e di risveglio.

Questa festa, quella del chitri, cadeva in un particolare periodo dell’anno, quello dedicato alla semina del grano e compiuta nel giorno che oggi corrisponderebbe al 2 novembre. Le noci rappresenterebbero le ossa nude; il melograno il ritorno del corpo sulla terra; il cedro candito ed il mosto cotto, l’idea che dopo la morte e la resurrezione di Cristo la morte non è poi cosi amara.

Il grano invece simboleggia la resurrezione (un vero e proprio riferimento al vangelo di Giovanni 12.24, “se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. E proprio nella notte tra il 1 e il 2 novembre, secondo la leggenda, giungono i doni dei defunti. Da ciò deriva la “calza dei morti” che non è sempre stata piena di tutte le leccornie che troveremmo ora al suo interno, anzi, negli anni ’20 veniva riempita di frutta secca e frutta di stagione come susine, mandarini, melograno.

A Troia invece la festa di Ognissanti è quella più tipica tra le due. La leggenda narra dell’apertura di un varco magico, durante la notte tra l’1 ed il 2 Novembre, che connette il mondo dei vivi a quello dei morti. Così dalla Chiesa dei Murticielli, attualmente chiusa, si dice che parta una processione delle anime dei morti,  ritornati per visitare i propri cari ancora in vita e così inserire dei doni nelle calze appese dai dormienti bambini. 

Si dice che il varco resterà aperto fino al giorno dell’Epifania, quando tutte le anime dei morti dovranno necessariamente tornare nell’aldilà. I bimbi in questo caso sono doppiamente fortunati poiché dovranno per due volte la calza durante l’anno: per Ognissanti e per l’Epifania.

Ad Orsara di Puglia, invece, nella a notte tra l’ 1 Novembre e il 2 Novembre viene celebrata la notte delle Fucacoste e Cocce Priatorje.  L’intero il borgo si illumina grazie alle luci di migliaia di zucche intagliate e centinaia di fuochi sparsi ovunque che vengono accesi alle 19, quando si odono i rintocchi delle campane della Chiesa Madre. In quel momento gli incappucciati, simbolo delle anime dei defunti, escono dalla Chiesa e si disperdendosi per le strade del borgo.

La cosa più interessante del rito è il fatto che questi inseguano le fiammelle delle zucche per trovare la via di casa e usano i falò disseminati per i vicoli per purificarsi. Quando iniziano i festeggiamenti, le strade si riempiono di persone che ballano a ritmo di musica e mangiano seduti o in piedi i prodotti del territorio.

In altri comuni ancora come quelli di Trinitapoli, Sannicandro Garganico, Serracapriola, Monte Sant’Angelo le leggende sono simili a quelle raccontate finora, infatti si crede che i defunti la sera del primo Novembre escano dalle tombe per fare rifornimento presso i negozi di giocattoli e dolciumi e successivamente raggiungano le case dei loro parenti ancora in vita, in particolare dove ci sono i bambini così da poter riempire le loro calze appese al camino o ai lettini, passando poi per la cucina, illuminata da una candela o da una lampada ad olio, per mangiare il pane e l’acqua lasciati sulla tavola.

Dopo aver compiuto questa serie di cose, queste gentili anime tornerebbero nelle proprie tombe. Più specificamente, a Sannicandro Garganico, vi è una credenza secondo la quale nella notte tra il 1° e 2 novembre i morti riprendano il corpo e sfilino in maniera ordinata e gerarchica lungo le vie del paese. Si dice inoltre che questa processione potrebbe essere vista solo da coloro che accendono una candela preparata con il cerume prelevato nell’arco dell’anno corrente.

A Manfredonia invece in questi giorni non si usa mangiare né carne né pesce, ma si gusta il baccalà.

Nelle due notti precedenti all’1 ed il 2 novembre a quanto pare i pescatori non si recano a lavorare in mare perché c’è una credenza piuttosto radicata secondo la quale, in queste notti, si pescano le ossa dei morti (soprattutto quelli per naufragio). Anche qui, nella notte che precede il 2 Novembre, nelle case è storica usanza preparare la tavola per far mangiare i morti che escono dalle tombe per visitare le dimore delle famiglie di appartenenza. Durante la notte essi fanno cercano di manifestarsi ai viventi in disparati modi, ad esempio: nel sonno, in un ricordo improvviso, in una circostanza inconscia ed inconsapevole, ed anche con fugaci ed evanescenti apparizioni.

Sempre qui inoltre è fortemente sentita l’usanza della calza. Negli anni ’60 queste erano fatte in lanae riempite con mele, pere, melograni e così via. Ai bimbi disobbedienti invece venivano regalati aglio, cipolle, patate e carbone. Ma i tempi sono cambiati e ora generalmente i cioccolatini e le caramelle hanno preso il posto dei frutti autunnali, ma la tradizione del carbone continua a persistere.

Fonti: ManfredoniaNews.it; ilsipontino.net; sanmarcoinlamis.org; oltreleparoleblog.com

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