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Quando le radici sono ispirazione: San Paolo di Civitate raccontato nel libro di Michele Giuliano

Ci sono luoghi destinati a restare dentro per sempre. Anche se la vita ti porta lontano da loro. E’ quello che è accaduto a Michele Giuliano, classe 1955, scrittore originario di San Paolo di Civitate, il piccolo comune della Provincia di Foggia che dalla sua collina saluta il Promontorio del Gargano e domina le prime alture dei Monti Dauni.

Dopo essersi disinto con la partecipazione ad alcune manifestazioni letterarie a carattere locale, dopo aver vinto alcuni premi e dopo aver pubblicato alcuni libelli di poesie in versi, oggi Michele Giuliano è arrivato al culmine di un lungo lavoro di ricerca durato tre anni dedicato alle sue radici, alla storia del suo paese, alle sue tradizioni, pubblicando “Una terra, una storia di cui essere fieri“.

Un viaggio alla scoperta della Madre Terra e di un passato che non può essere dimenticato. Abbiamo voluto conoscerlo meglio con la complicità della Mediterranea, gruppo di amici appassionati di arte e cultura.

Il libro di di Michele Giuliano

Nel suo libro l’ispirazione arriva dalla sua città natale. Che rapporto ha con le sue radici anche se ha dovuto trasferirsi presto a Milano...

Da San Paolo sono andato via praticamente alla fine delle elementari. Tornavo però ogni estate, finita la scuola, e molto spesso ho dovuto lavorare in campagna in estate per potermi pagare “la retta ed i libri” del seminario a Troia. Durante l’estate, però, insieme ad altri miei “colleghi” seminaristi ne abbiamo fatto di movimento in paese!

Stando lontano da San Paolo, cosa le è mancato di più?
Di questo posto mi è mancato e mi manca ancora oggi “l’essere paese”. I luoghi di incontro, la piazza, la villa, il mercato al martedì. Mi manca l’importanza di essere un “piccolo borgo” dove tutti si conoscono.

Mi mancano gli amici con cui sono cresciuto e la memoria collettiva. Mi mancano addirittura i pettegolezzi della gente e la facilità con la quale si viene “etichettati”.

I suoi versi nascono proprio da questo “distacco?”
Quasi tutta la mia produzione poetica e di narrativa è “pregna” di quella che amo definire la “sanpaolesità”. E’ fatta di odori, profumi, sapori che le parole non bastano a definire.

E’ intrisa delle nostre tradizioni, delle nostre feste, delle nostre chiese e delle nostre case “azzecccate” le une alle altre come vecchie comari. E’ fatta di vie assolate e di fragranze di farine, pane appena sfornato, vino, olio, grano.

Riuscirebbe a definire San Paolo in una parola? Il termine che meglio definisce San Paolo è “mamma”. (Da qui la definizione San Paolo Madre Terra ndr)

E il suo rapporto con San Paolo e la Puglia?
Il mio rapporto con San Paolo e la Puglia mi piace definirlo con l’immagine di una “mamma che allatta il proprio bambino”; proprio come ho scritto in una mia poesia dialettale.

Quanto è importante andare fieri della propria terra ?
Essere fieri delle proprie origini fortifica e dà il senso dell’identità e dell’appartenenza. Prendiamo per esempio San Paolo. Un paese di frontiera all’ingresso della Puglia.

La sua storia ci insegna che è stato un crogiolo di culture e popoli diversi. Sanniti, Romani, Longobardi, Greci, Slavi, Ebrei, Saraceni, Normanni …. Proprio la coesistenza, la convivenza e l’amalgama di questo immenso patrimonio di differenti esperienze rende unica l’identità della nostra gente.

San Paolo Civitate

Siamo di fronte ad un forte attaccamento alle radici, che in alcune fasi della vita diventa un faro verso il futuro. La sua è una storia classica, fatta di una partenza dal Sud, lasciando un piccolo borgo a favore della metropoli con più opportunità. Cosa direbbe ai giovani, spesso rapiti dal fascino del nord Italia e dell’Europa, cosa direbbe alla luce della sua esperienza?
Quello del fascino delle grandi metropoli e delle grandi occasioni da esse offerte è stato un miraggio forse valido ai tempi della mia giovinezza, negli anni ’70. Oggi non è più così, anzi i tempi che viviamo stanno dimostrando esattamente il contrario.

C’è il ritorno ed il rilancio delle comunità agricole. Questa pandemia, poi ci sta dimostrando che più un luogo è antropizzato, più è facile la trasmissione virale.

Lo smart working ci sta facendo capire che si può lavorare anche da casa, con una diversa organizzazione del lavoro. Occorre pensare alla diffusione delle nuove tecnologie, ma anche ritornare alle antiche maniere di organizzazione sociale.

A proposito di digitale, quali le opportunità per un autore? E quali invece le difficoltà? Il web è una grossa opportunità. La tecnologia a disposizione permetterebbe molte nuove opportunità. Il web è però spersonalizzante, un like non basta.

Mi piacerebbe che tutti coloro che leggono un testo, anche non mio, possano esprimere le sensazioni, le emozioni che ha provocato in loro. Questo tramite web non è facile. La mia maggiore difficoltà invece è quella di avere un confronto, anche critico, con altri scrittori.

Tornando al suo ultimo libro, quanto tempo le è costato, e quanta fatica?
Tempo ne ho impiegato tanto. Oltre tre anni. Ho dovuto ricercare molto e cercare di organizzare e rendere sistematico il lungo lavoro di ricerca. Difficile è stato “sistemare” tutto il frutto della ricerca in capitoli che fossero anche “leggibili”.

Fatica onestamente no! E’ stato un lavoro per me piacevole perché soddisfaceva un preciso interesse di conoscenza.

Una Terra una Storia di cui essere fieri” è un’autoproduzione. È difficile il ruolo di autore in Italia, soprattutto se locale?
Ho pensato all’autoproduzione quando ho scritto il mio primo libro. Approfondendo il discorso venivo a scoprire che c’era comunque da “investire” somme di denaro.

Così ho iniziato con l’autoproduzione e sono riuscito a pubblicare praticamente senza spendere un euro. Tuttavia se non hai gli agganci giusti resti comunque un emerito sconosciuto. Scrivere poi in forma dialettale è ancora più complicato perché il tuo pubblico è una nicchia nella nicchia.

Qual è l’obiettivo di “Una Terra una Storia di cui essere fieri”, che messaggio soprattutto vuole lasciare?
Questo libro deve renderci orgogliosi di essere sanpaolesi. Deve stimolarci a far sentire la nostra voce quando serve e nelle sedi opportune. Vorrei dire anche agli organismi istituzionali, sia regionali che provinciali, che in molti dei paesi simili al mio abbiamo tanta ricchezza di storia, di tradizioni e di manifestazioni enogastronomiche che non devono assolutamente morire.

Infine, in quale genere collocherebbe la sua opera?
Secondo me, questo libro potrebbe definirsi l’ “urlo” di una terra e di un popolo che non vuole assolutamente rassegnarsi ad essere dimenticato e, forte del proprio passato, irrompe sulla scena riaffermando la propria esistenza.

Fonte: Mediterranea Casa Editrice

Dalila Campanile

Giornalista pubblicista, addetta stampa e digital PR. Sin da piccola non ho mai smesso di coltivare una delle mie più grandi passioni: la scrittura. Dopo l’esperienza di redattrice presso il giornalino scolastico delle scuole medie “Il SottoSopra”, ho capito che la mia strada sarebbe stata quella: non mi sono mai fermata, intraprendendo numerose collaborazioni con le testate locali, specializzandomi in articoli di costume. Poi sono arrivate le collaborazioni per gli uffici stampa e la comunicazione digitale. Dopo la laurea in legge – la mie materia preferite? Inevitabilmente Diritto Commerciale e Diritto delle Comunicazioni – ho seguito numerosi corsi di aggiornamento e specializzazione per affinare le mie doti comunicative. La mia missione? Far circolare le buone notizie e raccontare il bello che ci circonda, perché non bisogna mai darlo per scontato.

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